Libertà di pensiero e ordine civile

La critica alla superstizione sfocia in un programma politico. «Dimostro […] che si deve lasciare a ciascuno la libertà di giudizio». Se la fede riguarda l’obbedienza etica—“giustizia e carità”—non ha ragione di soffocare le opinioni sul moto della terra o sulla natura dell’anima.

Questa libertà non è anarchia; lo Stato rimane arbitro della pace pubblica, ma la coscienza non può essere requisita come una botte di vino. Spinoza lo esprime con una formula che suona secolare: “le Leggi rivelate da Dio a Mosè non furono altro che i diritti particolari dello Stato ebraico”. Il legislatore biblico è stato, in fondo, un buon politico che ha adattato norme religiose alla sicurezza di un popolo nomade. Perché imporle oggi, fuori dal loro contesto storico?

Nel Tractatus la teologia diventa così il banco di prova di una convivenza laica: lo Stato tutela i corpi, la filosofia illumina le menti, la Scrittura ispira i cuori—ma nessuno invade il campo dell’altro. In un’epoca di guerre di religione, l’idea è esplosiva come la polvere da sparo, ma promette una società dove l’errore si combatte con argomenti, non con roghi.

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