I positivisti logici distinguono tra enunciati analitici e enunciati sintetici con l’obiettivo di dimostrare la non significanza degli enunciati filosofici tipici della metafisica. Secondo questi filosofi neopositivisti solo gli asserti che possono essere verificati da analisi logica hanno un significato. Gli asserti di tipo metafisico quali “Dio esiste” non sono empirici e si rivelano privi di significato.
«Esiste un confine preciso tra due tipi di asserzioni. All’uno appartengono gli asserti formulati dalla scienza empirica, il cui significato si può stabilire mediante l’analisi logica, più esattamente col ridurli ad asserzioni elementari sui dati sensibili. Gli altri asserti, cui appartengono quelli citati sopra (“c’è un Dio”, “il fondamento assoluto del mondo è l’inconscio”) si rivelano affatto privi di significato, assumendoli come li intende il metafisico» (H. Hahn, O. Neurath, R. Carnap, La concezione scientifica del mondo).
Come sintetizzato da Boniolo e Vidali, secondo i neopositivisti “avere enunciati conoscitivamente significanti, che perciò dicano qualcosa sul mondo, comporta che essi siano enunciati empirici o riducibili a enunciati empirici. Ogni altro enunciato, che ovviamente non sia nemmeno analitico, è insignificante, non ha portata conoscitiva, non ha valore informativo.” Gli enunciati che non sono verificabili e non sono neanche analitici risultano, secondo i neopositivisti, privi di significato.
Individuando un criterio di significanza empirica i positivisti logici stabiliscono anche una distinzione tra scienza e non-scienza. “Solo le teorie composte da enunciati sintetici o analitici o da loro composizioni logicamente corrette sono teorie scientifiche. Tutti gli altri enunciati che pretendono di dire qualcosa di significativo sul mondo, ma non si espongono al metodo della verifica empirica o dell’analisi logica non sono teorie scientifiche.” (Boniolo e Vidali)