La crisi delle scienze europee e la fenomenologia trascendentale rappresenta l’ultima grande opera di Edmund Husserl. Composta in larga parte tra il 1935 e il 1937, fu pubblicata solo parzialmente nel 1936 e venne data alle stampe in forma integrale, postuma, nel 1954. Quest’opera ha suscitato un notevole interesse tra studiosi e filosofi, al punto da contribuire, nella seconda metà del Novecento, a un vero e proprio revival della fenomenologia su scala mondiale. Questo revival della fenomenologia “ha maturato i suoi frutti anche in Italia grazie all’opera di Enzo Paci ( 1911-1976), al quale si deve il tentativo di coniugare le istanze fenomenologiche con quelle marxiste.“ (Nicola Abbagnano)
In questo scritto, Husserl denuncia la crisi della cultura europea, che egli attribuisce al predominio della visione oggettivistica e naturalistica propria delle scienze moderne. Il mondo scientifico, secondo Husserl, è un mondo simbolico, costruito su basi fisico-matematiche, che considera autenticamente veri solo i fatti sottoposti a classificazione scientifica. Questo approccio, tuttavia, finisce per oscurare — a causa dei suoi stessi presupposti teorici e metodologici — ciò che Husserl definisce il Mondo della vita (Lebenswelt).
“Il Lebenswelt è il luogo delle evidenze originarie, l’ambito in cui la realtà si manifesta prima di ogni astrazione teorica o formalizzazione scientifica. Husserl intende indicare l’originaria dimensione soggettiva e intersoggettiva della vita concreta, ossia quella dimensione pre-categoriale del vissuto che coincide con il mondo della quotidianità, inteso come «regno di evidenze originarie».“ (Nicola Abbagnano)